lunedì 31 maggio 2010

Joey & Pacey - Un Romantico Rock Show...

Dedicato a tutti

i ragazzi e le ragazze

che come me

sono cresciuti

con queste immagini...

domenica 30 maggio 2010

Elezione "Miss/Mister Blog Corso 2010"

Cari colleghi e amici,
siamo ormai giunti all'ultima settimana di lezioni. Un lungo anno è trascorso, e vorrei dirvi qui che passarlo insieme a voi è stato un onore, ma soprattutto un piacere!

Credo di non sbagliare dicendo che ognuno di noi ha dato agli altri qualcosa di sé, in questo gruppo di bravi ragazzi che inseguono ciascuno il proprio sogno personale, ma capaci di stare insieme con gioia e tanta tanta allegria. Ognuno a suo modo, ognuno secondo il proprio carattere, siamo riusciti a creare un gruppo eterogeneo, ma ben amalgamato e coeso, e i risultati si sono visti. Certo, qualche astio non è mancato, ma d'altra parte "si litiga anche nelle migliori famiglie" ;)

Qui e ora ('hic et nunc' per dirla alla latina) lancio un'iniziativa che vuole essere assolutamente simpatica e per nulla pedante od offensiva: un sondaggio per eleggere "il miglior blog del corso Alfonso 2010"! Una settimana di tempo (come nei televoti televisivi classici) ed avremo il nome del blog più apprezzato dell'anno!

Spero che ognuno di voi vorrà partecipare volentieri lasciando il proprio voto (che resta assolutamente anonimi), e lascio totalmente libera la possibilità di commentare (per chi volesse) la sua scelta sfruttando i commenti di questo post. Come è giusto che sia, inizio io per primo lasciando il mio voto che va ad Anna e al suo "noisettes d'amelie" (sempre attenta, precisa e puntuale...una fonte indispensabile di confronto per i miei post) sperando che ne sia contenta ;)

Ringrazio tutti coloro che voteranno, ma soprattutto ringrazio tutti voi per questo anno stupendo (che non è ancora concluso, visto che ci aspettano esami, calcetto, fantamondiali e Mondiali veri e propri)!

Dal vostro 'Tuta' per ora è tutto...la parola ora passa a Voi...

sabato 29 maggio 2010

L'importanza degli intermediari...

La relazione diplomatica fra Tomania e Batalia!

Una pietra miliare della storia del Cinema...

Lezione 7 (28/5/2010)

Cari amici,
come il Giro d'Italia anche noi siamo ormai giunti alla penultima tappa del nostro lungo percorso. Un anno di lezioni volge al termine, ma ci sarà tempo e modo di parlarne settimana prossima. Prima di iniziare il consueto 'lesson's report', segnalo che dopo questo post potrete trovare quello con i video dei nostri servizi realizzati con TVPR. Ogni commento riguardo questa bella esperienza (come anche al test che troverete più sotto) è naturalmente ben accetto.

Quest'oggi parleremo di Comunicazione politica, un modello di comunicazione che interagisce con quello giornalistico 'tradizionale' (centrale nella nostra esperienza educativa in questo corso di laurea) a tal punto che questi due ambiti, interdipendenti fra loro, ritengono di essere ciascuno in controllo dell'altro, in un 'gioco delle parti' che già diverse volte ci è stato descritto (e che spesso causa, non so se sarete d'accordo, un certo senso di repulsione riguardo la nostra possibile futura professione).

La comunicazione politica (da non intendersi solamente come ciò che dicono i politici, bensì come rappresentanza della 'polis' in generale, ovvero tutti quei possibili messaggi e informazioni che possono essere di pubblico interesse o utilità) è innanzitutto gestione, un mix equilibrato di tecnica e interpretazione finalizzato alla pura ricerca di quella risorsa vitale chiamata 'consenso' (cosa che rende questo tipo di comunicazione una 'via media' fra i due estremi della comunicazione istituzionale e della comunicazione di prodotto).

Per raggiungere questo obiettivo (che, come il potere, è difficile da conquistare, ma ancor più da mantenere) la comunicazione politica si basa su un terreno di tecniche e caratteristiche base uguali per tutti: dev'essere chiara (il che non implica direttamente che debba essere 'semplice'), positiva ed emozionale. Essa, infatti, sottende sempre un coinvolgimento, che è al centro anche dello scambio di 'complimenti' fra comunicatori politici (tacciati di essere "truffatori") e marketer politici (definiti semplici "mercenari"). Coinvolgimento, tuttavia, non significa affatto comunicare 'di pancia': la comunicazione politica (come tutte) ha infatti alle sue spalle un grande lavoro di ragionamento, che rende assolutamente indispensabile la presenza di una organizzazione che la coltivi continuamente, una serie di intermediari che si occupino di studiarla, comprenderla e valorizzarla ai massimi livelli.

Nella comunicazione politica, dunque, le regole base sono sempre le stesse, ma sono poi i leader (la figura più difficile da interpretare, essendo quella che "ci mette la faccia", e che deve possedere competenza, persuasione, emozione, simpatia e quel tocco in più di "fiuto politico" che fa la differenza) a plasmarle, incentrandole su di sé e sull'obiettivo da raggiungere, e a circondarsi degli uomini che ritengono migliori (come ha fatto il presidente Usa Obama, scegliendo per la sua campagna elettorale l'ex manager di Google, coadiuvato da uno staff di 160 addetti) per portare avanti il proprio messaggio e la propria immagine.

In questo modo la comunicazione politica, partendo dalla sua forma originaria, assume molteplici sfaccettature. Se ci si chiede quale sia la migliore fra queste, la risposta è risaputa, poiché "la Storia viene scritta da chi vince" (esempi recenti di questo sono la scomparsa provvisoria dalla ribalta dei media di Sarah Palin, e la sorte toccata ad Al Gore dopo la sconfitta, pur risicatissima, patita da George W. Bush).

Molteplici sfaccettature, dunque, ma sostanzialmente sono più o meno sempre le stesse persone (i 'migliori', come nello staff comunicazione della Casa Bianca) o comunque le stesse figure professionali (consiglieri, analisti, tecnici, web watchers, ecc.) ad occuparsi di questo settore comunicativo. Con una 'regola somma' (o assioma se volete) ben stampata nella mente: "distruggere l'avversario!".

L'Italia, (anche) da questo punto di vista, è un paese estremamente arretrato, vittima della scarsità di queste figure e professionalità, indispensabili per una buona gestione della propria comunicazione politica (che risente perciò del sempre maggiore distacco con il contesto sociale dei cittadini, e non riesce a sfruttare la buona legge "maggiori informazioni ti do, maggiori informazioni da te avrò").

Analizzando comunque la nostra situazione, non occorre molto per capire quale dei due poli (tra Pdl e PdmenoElle) sia in vantaggio in questo campo: la comunicazione proposta dal Centro-Destra è emotiva, identitaria, positiva, stratificata, codificabile, suadente (per fortuna che ogni tanto ci pensa Silvio a sparare qualche stupidata, ma purtroppo ciò non basta a risvegliare gli italiani), mentre il Centro-Sinistra (che dorme da vent'anni) è troppo politico, cerebrale, ripetitivo tendente al noioso, auto-referenziale.

Si avverte perciò la necessità di una integrazione di massa di alcune figure professionali (tasselli mancanti nel puzzle comunicazionale del Belpaese) che sappiano svolgere a dovere il proprio compito: 1) Portavoce preparati e affidabili, a cui è affidata la delega di rappresentare il proprio leader, svolgendo per questo una funzione di 'filtro' rispetto alla comunità o ai media (potendo essere tranquillamente smentiti in caso di gaffe, salvando così il proprio capo); 2) Consiglieri strategici, realizzatori di spin-doctoring, che valutano se e come intervenire sulle svariate questioni, lavoro faticoso poiché richiede un costante riferimento a ciò che fanno gli altri (come in una partita a scacchi); 3) Staff di comunicazione, composto da ex giornalisti adibiti ad addetti stampa e dediti principalmente al rapporto cogli ex colleghi dei principali media.

La Rete tuttavia permette di saltare 'a piè pari' queste figure di mediazione, fornendo la possibilità di un contatto 'diretto' fra leader e cittadini. Un'ottima opportunità, quindi, ma da gestire con estrema cautela poiché, come abbiamo già detto, "il Web dà, il Web toglie!". Il rischio di clamorosi errori errori e autogol è grande, e il riuscire a garantire una comunicazione orizzontale, aperta, interattiva e aggiornata è difficile quanto indispensabile (soprattutto da quando sono nati siti, come Dagospia in Italia o gli internazionali Huffington Post e Drudge Report, riconosciuti dagli utenti quali "controllori" dei propri leader politici e non solo).

Appuntamento a settimana prossima per il post riguardante l'ultima (in tutti i sensi) lezione dell'anno! Pubblicherò a breve un sondaggio di fine corso a cui spero parteciperete volentieri! Ciao a tutti!!!

venerdì 28 maggio 2010

Novelli inviati 'on the road' con TVPR...

A grande richiesta

pubblico qui i video dei nostri fantastici servizi

realizzati per le strade di Parma

(e per i quali siamo stati tacciati di 'Studio Apertismo' e 'Verissimismo' :ppp)

Buon divertimento!!!




giovedì 27 maggio 2010

Un po' di noi...

Ciao ragazzi!!!

Visto il buon successo del Questionario di Proust propostoci da Andrea, vi propongo anch'io una cosa simile (ma un po' diversa). Si potrebbe definirla "Nella mia vita ho fatto/combinato..." :)

Il test è semplice: tra le svariate cose che vedrete elencate, quali avete fatto? Oppure, ce n'è una in particolare che avete fatto e non dimenticherete mai, e che volete raccontare?

Spero che apprezziate l'iniziativa (volta sempre a conoscere qualcosa di più dei nostri "compagni di viaggio") e di leggere al più presto qualche vostra avventura nei commenti ;)

Test: "Nel corso della mia vita..."
1. Ho offerto da bere a tutti.
2. Ho nuotato insieme ai delfini.
3. Ho scalato una montagna
4. Ho guidato una Ferrari
5. Sono stato all'interno della Grande Piramide
6. Ho fatto il bagno nudo nel mare
7. Ho detto "ti amo" credendoci
8. Ho abbracciato un albero
9. Ho fatto uno strip tease
10. Ho fatto bungee jumping
11. Sono stato a Parigi
12. Ho passato la notte alzato ad aspettare l'alba
13. Ho cambiato pannolini ad un bambino
14. Sono salito a piedi sulla cima della Torre di Pisa
15. Ho dormito sotto le stelle con una persona speciale
16. Sono stato su una mongolfiera
17. Mi sono ubriacato
18. Ho guardato le stelle con un telescopio
19. Mi è venuta la ridarella in un momento inopportuno
20. Mi sono finto malato pur non essendolo
21. Ho invitato uno sconosciuto a casa mia
22. Ho fatto battaglie con le palle di neve
23. Ho gridato con tutta la mia forza solo per il gusto di farlo
24. Ho fatto un bagno romantico a lume di candela
25. Ho fatto una doccia con acqua gelata
26. Mi sono messo a parlare con un mendicante
27. Ho visto un'eclisse totale
28. Sono stato sulle montagne russe
29. Ho ballato come un matto fregandomene degli altri
30. Almeno una volta mi sono sentito felice della mia vita
31. Ho visitato l'America
32. Ho confortato qualcuno
33. Ho vinto a qualche lotteria/gioco
34. Ho ballato con estranei in paesi stranieri
35. Ho fatto un viaggio on the road
36. Ho fatto alpinismo
37. Ho fatto una passeggiata notturna sulla spiaggia
38. Sono stato in Irlanda
39. Ho avuto il cuore spezzato più a lungo di quanto sia stato innamorato
40. Sono stato in Giappone
41. Ho munto una mucca
42. Ho sognato di essere un supereroe da fumetto
43. Ho cantato in un karaoke bar
44. Sono stato a letto un giorno intero
45. Ho fatto immersioni subacquee
46. Ho sognato di essere invisibile
47. Ho baciato sotto la pioggia
48. Ho giocato sotto la pioggia
49. Ho fatto qualcosa di cui pentirmi ma di cui non mi sono pentito affatto
50. Ho visto la Muraglia Cinese
51. Ho scoperto che qualcuno ha scoperto il mio blog
52. Ho rotto una finestra o un vetro
53. Ho iniziato un business
54. Ho visitato siti antichi
55. Ho fatto un corso di arti marziali
56. Ho ascoltato la stessa canzone per ore
57. Mi sono sposato
58. Sono stato comparsa in un film
59. Ho rovinato una festa
60. Ho pianto vedendo un film
61. Ho amato qualcuno/a che non meritava
62. Sono stato baciato appassionatamente da provare le vertigini
63. Ho cucinato biscotti
64. Ho vinto un concorso di bellezza
65. Sono stata in gondola a Venezia
66. Sono stato in uno studio tv come pubblico
67. Ho ricevuto fiori
68. Mi sono ubriacato da non ricordare più niente
69. Ho suonato in pubblico
70. Sono andato a giocare a Las Vegas
71. Ho inciso musica
72. Sono stato in Thailandia
73. Ho comprato una casa
74. Sono stato in crociera
75. Parlo più di una lingua
76. Mi sono fatto bendare
77. Sono stato coinvolto in una rissa
78. Ho cresciuto bambini
79. Ho seguito l'intero tour di un gruppo
80. Ho scritto al Governatore del mio Stato
81. Ho traslocato e iniziato vita in un'altra città
82. Ho fatto un incidente stradale
83. Ho scritto articoli per giornali
84. Ho fatto diete
85. Ho pilotato aerei
86. Ho accarezzato animali di cui ho paura
87. Ho fatto innamorare ma senza poter ricambiare
88. Sono stato licenziato
89. Mi sono rotto qualche osso
90. Ho partecipato a un safari in Africa
91. Ho guidato una moto
92. Ho guidato un trattore
93. Ho sparato con armi da fuoco
94. Ho fatto l'autostop
95. Sono stato in tutti i continenti
96. Ho fatto sci nautico
97. Ho mangiato sushi
98. Ho fatto cambiare idea a qualcuno su qualcosa
99. Ho cambiato idea su qualcosa o su qualcuno
100. Ho avuto paura di morire
101. Mi sono lanciato col paracadute
102. Ho chiesto scusa molto tempo dopo
103. Sono stato eletto capoclasse almeno una volta
104. Sono stato DJ
105. Ho pianto per una giornata intera
106. Ho barato al gioco
107. Ho bigiato la scuola
108. Ho vomitato in luogo pubblico
109. Ho comunicato con qualcuno non conoscendo la sua lingua
110. Ho copiato un compito in classe
111. Sono svenuto

lunedì 24 maggio 2010

Il labirinto della mia mente...

"But I want to stay here

'cause I'm waiting for the rain

and I want it to wash away

everything, everything, everything..."

Elisa @ Palabam (MN) - 22/05/2010

"Vortexes,

nets and dark wells,

they led me to this blue skies,

this blue eyes..."

Bellissimo concerto!

Grande Elisa!

Lelio Alfonso - Nuovi modelli di Comunicazione Istituzionale


Spiegata meglio di così non si può!

(e poi avere il prof sul blog è cool)

:)

domenica 23 maggio 2010

Lezione 6 (21/5/2010)

Giunto con un'ora di ritardo a causa di un complotto ordito dalle Ferrovie dello Stato, il nostro 'vate' Alfonso ci ha offerto un esempio delle grandi possibilità offerte dalla Rete in ambito comunicativo, grazie al tam-tam classmediatico suscitato dalla sua mail di avviso. E proprio di comunicazione, la seconda 'faccia' che, assieme al giornalismo, forma quel Graal che noi cerchiamo e che comunemente chiamiamo "lavoro" o "futuro sbocco professionale", si è iniziato a parlare in questa sesta lezione.

Al giorno d'oggi, questo ambito lavorativo sembra valere molto di più rispetto alla professione giornalistica. La tecnologia è destinata, infatti, a correre sempre più velocemente: diventa così necessaria la figura di una professionalità che si erga a filtro e controllore di questo processo. Non solo: forse paradossalmente, oggi sembra essere più libero un comunicatore rispetto a un giornalista, poiché quest'ultimo si trova a dover combattere quotidianamente contro diversi fattori (come il tempo, che in un periodo precedente volgeva a suo favore) e condizionamenti. Il comunicatore invece ha come 'assioma' il dover sottostare a certi condizionamenti, li mette anzi al centro della sua attività professionale. Ciò che contraddistingue, infatti, la comunicazione dall'informazione è che la prima provvede a fornire informazione nell'ottica di un interesse specifico, mentre la seconda presupporrebbe di non essere legata ad alcun interesse.

Che cosa si intende, dunque, per comunicazione istituzionale? Essa riguarda, in effetti, l'identità di una realtà: oltre a non essere vincolata alla diffusione di valori, rappresenta tutto ciò che identifica l'immagine di un'azienda, non legandosi strettamente al risultato economico, ma assumendo valore sociale, di rispetto della trasparenza, oppure aumentando la qualità percepita di quella realtà. Può essere sia pubblica che privata e mira a un ritorno di consenso, piuttosto che di denaro (obiettivo invece della comunicazione di prodotto). Spesso però questi due tipi di comunicazione sono erroneamente associati, poiché manca una reale percezione della diversità dei due ambiti (dovuta a cattiva professionalità, mancanza di regole, opportunismo, confusione del sistema della comunicazione).

In questo campo sarebbero d'obbligo trasparenza e chiarezza e su questo punto il Web risulta vincente grazie all'arma della 'tracciabilità'. Carta, radio e tv, invece, seguono lo stesso percorso, ma sono rallentate dal fattore tempo, mentre su Internet i feedbacks sono immediati. Altre forme di comunicazione istituzionale riguardano la pubblicità, i comunicati stampa (che presuppongono una mediazione, mentre nella Rete non c'è mediazione e l'informazione è diretta).

Fare i comunicatori significa quindi operare per una committenza, pubblica o privata, con l'obiettivo di raggiungere un risultato positivo per quella realtà grazie al proprio lavoro. La comunicazione privata istituzionale si avvicina infatti molto alla comunicazione di prodotto, ma a differenza di quella cerca sempre di mantere alti i valori del 'brand' (cosa che va invece evitata nella comunicazione pubblica). Il brand è il marchio, il messaggio politico, lo slogan, il prodotto di successo. Il brand isituzionale può essere una singola persona o una realtà multipla (comuni, emmenthal svizzero, coca cola, ecc.): entrambi hanno una loro storia, si riconoscono immediatamente anche senza didascalia (grazie al solo logo, come per la 'mela di Apple'), sono comunicazione pura e vengono perciò detti "comunicattivi". Il valore da trasmettere è il valore da vendere che può essere economico, personale, di condivisione o di consenso.

Il web dà molto, ma chiede anche molto: chi fa comunicazione istituzionale deve essere disponibile a rendere pubblico in modo chiaro il messaggio che intende promuovere (in forma diretta, mediata o attraverso la rete). Il messaggio deve essere breve per agganciare l'utente, per questo si usano gli script, frasi precotte che puntano sull'efficacia sfruttando le profilature delle persone a cui si rivolgono. La comunicazione istituzionale attraverso il web è più allargata, ma sempre trasparente e immediatamente verificabile (nella nostra classe ci pensa Gaspare :p), poiché essa è aperta, in quanto fornisce la possibilità di chiedere e ricevere subito una risposta che può essere automatica ("grazie per averci contattato, miglioreremo il nostro servizio"), intelligente (il cliente viene indirizzato, magari con una serie di click che rimandano a vari link) o più specifica. Compito per la prossima settimana sarà quello di curiosare nei siti di realtà pubbliche o private per scoprire la loro parte istituzionale (comunicazione, brand image), vedere quanto è visibile la loro 'mission' e quanto essa è resa vera e credibile.

La comunicazione istituzionale pubblica, vicecersa, vuole mettere a disposizione della collettività una serie di informazioni, servizi e strumenti, senza che questo debba per forza generare un rapporto di "do ut des". Non ricerca un guadagno, ma offre un servizio (mentre quella politica è orientata verso la ricerca di un consenso). Sulla Rete essa deve possedere alcuni caratteri fondamentali: usabilità, accessibilità, interattività e trasparenza. L'usabilità è la facilità di accesso, la presenza di sezioni logiche e ben accessibili, la mappa del sito (che serve per capire la filosofia che ne sta alla base).

Gli alberi di navigazione dei siti stranieri sono più semplici di quelli italiani, che presentano strutture 'barocche' e contorte. Alcuni esempi visti in classe:

- Camera dei Deputati: Tutto ciò che riguarda la parte istituzionale si traduce in attività quotidiana (come abbiamo visto dalla lettura del comunicato sulle pensioni di anzianità dei dipendenti della Camera, notizia ripresa e messa a disposizione di tutti i cittadini a costo zero da tutti i mezzi di comunicazione, e ririproposta il giorno dopo a pagamento dai vari giornali). Tutte le comunicazioni sono brevi e 'precotte', cioè redatte in forma giornalistica, in modo da agevolare il copia-incolla dei siti di informazione. Infine, sebbene sia tra i migliori siti istituzionali italiani, presenta una costruzione errata nella mappa.

- Governo spagnolo: Possiede un ottimo albero di navigazione. Presenta le notizie come fosse un giornale, senza fronzoli, una scelta coraggiosa visto che il sito non si serve dei media, ma è il governo a fornire tutte le informazioni, corredate da una buona multimedialità (video, audio, immagini scaricabili). Non c'è differenza tra un giornalista e un giornalista del sito del Governo spagnolo: se la notizia è valida, è sufficiente andare sul sito del governo, dotato anche della possibilità di recepire una serie di informazioni sull'utente (tracciabilità, percorsi, statistiche).

- Governo francese: Un sito immaginifico, molto 'visuale' e poco 'da leggere', bello ma difficile, dà emozioni. La sua particolarità è una forte interazione con il cittadino.

- Governo inglese: Coniuga magistralmente tecnologia e comunicazione, ovvero il nesso che si instaura tra il potere e il cittadino.

Appuntamento alla settimana prossima per la lezione di Comunicazione politica. Nel frattempo si aprirà ufficialmente la nostra caccia alle mission dei siti istituzionali più disparati :)
Ciao a tutti!!!

mercoledì 19 maggio 2010

Che cos'è la Felicità?

"A voi amici

io svelo

uno dei miei desideri...

A voi amici

io chiedo

che cos'è la Felicità?"

Google alla sbarra!

Ciao a tutti! Eccoci al consueto appuntamento con i 'compiti a casa' affidatici dal prof. Alfonso per tenerci vivi e svegli sui nostri blog. Argomento di questa settimana è Google. Cos'è? Cosa fa? Cosa vuole ottenere? Ma soprattutto, rispetta le regole del gioco?

L'informazione su Internet, lo abbiamo già detto, è vastissima principalmente perché ripetuta allo stesso modo fino alla nausea. Ho deciso quindi, in questo mio post, di non concentrarmi sull'argomento generale (di cui potrete trovare un ampio svolgimento nel blog di Alessandro), bensì di fare un approfondimento dell'approfondimento, parlandovi degli ultimi sviluppi inerenti alla materia che stiamo trattando: Google vs Privacy!

Come segnalato ieri da Fiorenza, infatti, il colosso americano è finito nell'occhio del ciclone, in seguito alla raccolta di informazioni ricavate da reti wireless non protette dalla sua flotta di auto (incaricata di fotografare le strade in giro per il mondo per alimentare il suo servizio Street View) in ben 30 stati del mondo. La stessa società statunitense, davanti alle autorità tedesche, ha ammesso la propria violazione, specificando tuttavia come essa fosse "involontaria" e come i dati non fossero stati visionati o utilizzati e fossero destinati ad una rapida cancellazione.

E' notizia di oggi che anche il Garante italiano per la privacy ha avviato un’istruttoria nei confronti di Google, per verificare la liceità e la correttezza del trattamento dei dati personali effettuato nell’ambito del servizio Street View. Il procedimento è stato aperto in merito alla raccolta effettuata dalla società sul territorio italiano che, secondo quanto ammesso dalla stessa Google Italia, ha riguardato, oltre che immagini e dati relativi alla presenza di reti wireless e di apparati di rete radiomobile, anche frammenti di comunicazioni elettroniche, eventualmente trasmesse dagli utenti su reti wireless non protette. Riguardo a quest’ultima tipologia di dati, il Garante ha invitato la società a sospendere qualsiasi trattamento fino a diversa direttiva. Insomma, stesso reato stessa giustificazione.

Con particolare riferimento a tutti i dati eventualmente captati dalle Google cars, l’azienda americana dovrà comunicare al Garante la data di inizio della raccolta delle informazioni, per quali finalità e con quali modalità essa è stata realizzata, per quanto tempo e in quali banche dati queste informazioni sono conservate. Google dovrà chiarire, inoltre, l’eventuale impiego di apparecchiature o software ‘ad hoc’ per la raccolta di dati sulle reti wi-fi e sugli apparati di telefonia mobile. Dovrà comunicare, infine, se i dati raccolti siano accessibili a terzi e con quali modalità, o se siano stati ceduti.

“Meglio tardi che mai”, è stato il commento dei pm milanesi Alfredo Robledo e Francesco Caiani (i magistrati che hanno chiesto e ottenuto la condanna a sei mesi di reclusione per violazione della privacy di quattro dirigenti di Google, in riferimento all’inserimento sul web del video choc di un ragazzo autistico vessato da alcuni suoi compagni di una scuola di Torino nel 2006) alla notizia odierna. “Il Garante aveva preannunciato già nel 2008 regole chiare, dicendo che non sarebbe stato possibile riprodurre le immagini di volti e targhe. Ha impiegato due anni per aprire un’istruttoria che andava aperta subito”.

In realtà già il 20 aprile il garante italiano e altre autorità di protezione dei dati, in rappresentanza di oltre 375 milioni di persone, avevano chiesto a Google Inc. e ad altre multinazionali un rigoroso rispetto delle leggi sulla privacy in vigore nei paesi in cui immettono nuovi prodotti on line. Nella lettera, firmata dai presidenti delle autorità di protezione dati di Italia, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Spagna e Gran Bretagna, si esprimeva ''profonda preoccupazione per il modo in cui Google affronta le questioni legate alla privacy, in particolare per quanto riguarda il recente lancio del social network Google Buzz''.

"Troppo spesso - hanno scritto - il diritto alla privacy dei cittadini finisce nel dimenticatoio quando Google lancia nuove applicazioni tecnologiche. Siamo rimasti profondamente turbati dalla recente introduzione dell'applicazione di social networking Google Buzz, che ha purtroppo evidenziato una grave mancanza di riguardo per regole e norme fondamentali in materia di privacy. Inoltre, questa non è la prima volta che Google non tiene in adeguata considerazione la tutela della privacy quando lancia nuovi servizi".

Le dieci Autorità di protezione dei dati sottolineano, inoltre, che i problemi di privacy legati al lancio di Google Buzz avrebbero dovuto essere "immediatamente evidenti" alla stessa azienda. Infatti, "attraverso Google Buzz, Google mail (o Gmail), nato come un servizio di posta elettronica one-to-one tra privati, è stato improvvisamente 'trasformato' in social network. Questo è avvenuto perché, in modo del tutto autonomo, Google ha assegnato ad ogni utente di Google Buzz una rete di 'amici' (followers) ricavati dalle persone con cui l'utente risultava comunicare più spesso attraverso Gmail. Ciò senza informare adeguatamente gli interessati di quanto si stava facendo e senza specificare le caratteristiche del nuovo servizio, impedendo in questo modo agli utenti di esprimere un consenso preventivo e informato".

Con questo comportamento "è stato violato un principio fondamentale e riconosciuto a livello mondiale in materia di privacy: ossia, che spetta alle persone controllare l'uso dei propri dati personali".

Le autorità riconoscono che Google non è l'unica società ad avere introdotto servizi online senza prevedere tutele adeguate per gli utenti. Tuttavia, sollecitano Google a dare l'esempio, "in quanto leader nel mondo online", incorporando meccanismi a garanzia della privacy direttamente in fase di progettazione di nuovi servizi on line. La lettera si chiudeva con la richiesta a Google di spiegare come intenda assicurare che in futuro le norme in materia di protezione dati vengano rispettate prima del lancio di nuovi prodotti.

Come possiamo vedere il problema è estremamente attuale: vogliamo davvero vivere in un mondo in cui, in cambio di servizi utili e gratuiti (?), ognuno di noi può essere identificato, rintracciato, monitorato, defraudato? A noi posteri l'ardua sentenza...

martedì 18 maggio 2010

Lezione 5 (14/5/2010)

Ehilà! Ciao a tutti!
Come dite? No no, tranquilli, il prof. Alfonso non è improvvisamente diventato un 'puffo gigantesco' :p
Sono io che venerdì scorso, a causa di impegni personali e improrogabili, ho dovuto inviare a lezione il mio avatar per raccogliere le informazioni necessarie per questo post (questa è un'immagine di lui che torna dalla 'missione'). Scherzi a parte, ovviamente ringrazio tutti coloro dai quali assorbirò le nozioni di questa quinta lezione (Anna, Fede, Andrea, Gaspare, ecc.).

A quanto leggo dai blog dei miei 'più che colleghi amici', arrivato fresco fresco dalla partecipazione al Salone del Libro di Torino, il prof. ha proseguito nel percorso tracciato in queste settimane, attraverso un confronto fra supporti fisici vs digitali e circa le importanti questioni che questi ultimi hanno posto (per le quali si stanno ancora cercando le migliori soluzioni): 1) coniugare la gratuità tanto cara agli utenti della Rete con la necessità di un ritorno economico per gli investimenti fatti dalle aziende; 2) problematiche in tema di diritti d'autore e della privacy.

La tecnologia è riuscita a 'contagiare' anche il sistema editoriale. Uno degli esempi più evidenti di come siano cambiati gli assetti dell'editoria classica è senza dubbio l'e-book (contrazione dell'espressione inglese 'electronic book'), versione digitale di una qualsiasi pubblicazione, che cerca nel contempo di abbinare le caratteristiche migliori del classico libro cartaceo (in modo da rendere la lettura il più possibile simile a quella tradizionale, permettendo di effettuare tutte le normali azioni come lo scorrere delle pagine o l'inserimento di un segnalibro) ai vantaggi offerti dalla sua natura digitale (principalmente nelle possibilità di essere un ipertesto e quindi di inglobare elementi multimediali, e nella possibilità di utilizzare dizionari o vocabolari contestuali).

A proposito dell'editoria libraria, e in generale di tutto ciò che è informazione sulla Rete, oggi non si parla più solo della questione tecnologica, ma anche della problematica dei pagamenti. Ciò che viene messo in discussione è la stessa definizione di gratuità della rete, uno dei principi cardine di Internet fin dalla sua liberalizzazione, garanzia di facilità d'accesso e fruibilità della comunicazione (su questo argomento mi sento di consigliarvi la lettura di un testo che è stato per me illuminante: Gratis, di Chris Anderson, 2009, ed. Rizzoli).

L'incremento dell'alfabetizzazione informatica e la conseguente diffusione dei supporti digitali (smartphone, i-pad, tablets, ecc.) ha ribaltato l'equilibrio tra le forze in gioco nella gestione dell'informazione giornalistica e culturale. Le risorse economiche, dunque, si concentrano nelle mani di chi produce 'strumenti', a discapito di chi produce 'contenuti' (un paradosso che mi ricorda molto questo: "anni fa un'azienda pagava poco un uomo-sandwich perché pubblicizzasse il suo marchio, oggi siamo noi a pagare lautamente le aziende per indossare i loro capi firmati).

Il depauperamento del mondo dell'editoria ha inoltre subito un'accelerazione decisiva (e forse letale) con la crisi economica di questi ultimi anni. Sono crollati i ricavi pubblicitari e diffusionali e sono viceversa aumentati i debiti e i passivi nei bilanci. Gli editori hanno tentato di correre ai ripari aumentando i prezzi dei libri e dei giornali, ma la soluzione si è rivelata un insufficiente palliativo, imponendo loro di buttarsi nel nuovo business dell'editoria online.

Ecco allora nascere l'idea del paywall e delle notizie a pagamento. Certo, l'opinione prevalente al momento è ancora orientata a favore della gratuità delle news. "Se tutto è gratuito in rete, perché l'informazione non dovrebbe esserlo?", dicono i teorici del web e i guru dell'editoria, sostenendo che sia necessario, utile e giusto non far pagare i contenuti online. Tuttavia, è al contempo vero che, da un punto di vista economico, questa concezione appaia come una filosofia "concettualmente giusta" ma "evidentemente insostenibile".

"Da un lato l'informazione vuole essere costosa, perché ha molto valore: l'informazione giusta nel posto giusto ci cambia la vita. D'altro canto, l'informazione vuole essere gratuita, perché produrla sta diventando sempre più economico. Quindi queste due tendenze sono in rivalità". Questa frase di Steward Brand è probabilmente la più importante e fraintesa dell'economia di Internet. Chris Anderson l'ha a mio avviso molto ben esplicitata affermando che: "L'informazione abbondante vuol essere gratuita. L'informazione scarsa vuole essere costosa". Il contenuto culturale non può essere gratuito. Possono esserlo i titoli, i flash, le breaking news, ma non il commento dell'esperto, né l'intervista, l'inchiesta o l'approfondimento. L'idea che sta alla base del paywall consiste nel favorire il riconoscimento del mestiere dei giornalisti, delle loro capacità professionali e, dunque, dell'esclusività della riproduzione dei contenuti.

Strettamente legato al tema della gratuità è il problema del diritto d'autore. Copiare una notizia e pubblicarla senza darne riconoscimento all'autore significa commettere una violazione del copyright. Poiché la rete non ha confini, a livello giuridico è molto difficile individuare e accusare qualcuno per questo tipo di violazione. A ciò va aggiunto il fatto che non esiste una legge completa, attuale e affidabile in questo ambito.

Nei paesi UE ci sono stati dei tentativi di legiferare in materia, come ad esempio in Francia, dove il presidente Sarkozy si è fatto promotore di una legge che puniva chi scaricava illegalmente files, bocciata però dalla Corte Costituzionale. In Italia invece (noi ci facciamo sempre riconoscere!) il sito della Camera dei deputati riporta allegramente nella sezione della rassegna stampa tutte le prime pagine dei principali quotidiani, proprio mentre gli stessi parlamentari proponevano un progetto di legge che voleva far registrare i blog come testate giornalistiche.

Si può sostenere che la latitanza delle leggi è legata ad una difficoltà di definizione del 'bene di consumo online'. Cosa si può mettere in rete? Cosa no? E' giusta la filosofia del copyleft, basata sulla gratuità di tutti i documenti e dunque opposta al copyright? Una legislazione più precisa consentirebbe un maggiore controllo sullo stesso contenuto del web, sulla diffusione di contenuti discriminatori o criminali e sulle diffamazioni e violazioni del diritto alla privacy (variabile da paese a paese, anche se esiste un protocollo comune gestito dal garante europeo).

Si chiude così l'argomento del giornalismo online, ricordando l'importanza di andare oltre alla home page e di scavare più in profondità "alla ricerca dell'informazione perduta". Non si è trattato il tema delle IPTV, delle tv di broadcasting e di produzione di video all'interno del web (si rimanda per questo ai corsi di Triani-Gavazzoli). La prossima volta si parlerà del web e di tutto ciò che giornalismo online non è, ovvero di COMUNICAZIONE. A presto!!!

venerdì 14 maggio 2010

Il Sogno di Te...


Is this what life has got to give?

Is this the life I want to live?

Is this the dream I had of you?

Il 'digital divide' in Italia - Un problema purtroppo attuale

In Italia, una famiglia su 2 non ha un collegamento in rete e solo una su 3 possiede Internet a casa in banda larga. Complessivamente, resta alto il numero di italiani del tutto privi di copertura on line: 2,3 milioni. Un numero che raggiunge quota 23 milioni (il 38% della popolazione), se si considerano i servizi d'accesso più tecnologici, come l'ultra broadband, in grado di far 'viaggiare' il pc fino a 100 Megabit al secondo.

A evidenziare, uno per uno, tutti ritardi del Belpaese sul fronte Internet, è un'interessante studio dell'Osservatorio sulla diffusione delle reti telematiche, "Il Futuro della Rete", promosso dalla Commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera, e presentato a Montecitorio, assieme a Forum Pa e Between. L'indagine evidenzia come nonostante la programmazione di importanti investimenti pubblici per la banda larga (dal 2004-2009, circa 1,3 miliardi, ancora fermi al Cipe), la riduzione del divario digitale all'interno del Paese abbia marciato a ritmi modesti: appena il 5% della popolazione, di cui l'1,5% tramite Infratel, e si stima, considerando gli interventi in corso - e programmati - e i piani di copertura di rete fissa, come nel 2011 ancora il 2% della popolazione sarà in digital divide. Con una situazione territoriale, peraltro, a macchia di leopardo, soprattutto per quanto riguarda la copertura di seconda generazione (20 Mbps, riconducibile all'Adsl2+), che arriva solo al 62% della popolazione. Basilicata, Calabria e Valle d'Aosta superano il 60% di digital divide, mentre Lazio e Liguria sono al di sotto del 25 per cento.

Per il presidente della Commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera Mario Valducci è "urgente fissare al più presto una roadmap per la digitalizzazione dei contenuti e dei servizi, in grado di rappresentare un volano per la banda larga". Il piano proposto da Valducci parte dalla realizzazione di un "catasto delle infrastrutture di rete esistenti in Italia" e attivare subito una cabina di regia Stato-enti locali per coordinare gli interventi da fare. Attualmente, ha ricordato, sono stati rilevati progetti infrastrutturali con posa in fibra ottica da parte di quasi tutte le Regioni e Province autonome per un totale di oltre 15mila Km di rete realizzata e ulteriori 9mila Km di rete pianificata. E una migliore conoscenza delle infrastrutture, secondo Valducci, può incrementare anche l'intervento di capitali privati, da coinvolgere, per esempio, con lo strumento del project finance. Fondamentale, infine, sempre per Valducci, il ruolo della Pubblica amministrazione, che, nel più breve tempo possibile, deve accelerare nel processo di digitalizzazione. Si tratta, ha detto, di una sorta di "switch off" dei servizi pubblici, da cartacei a digitale, simile a quello determinato nel passaggio dalla Tv analogica a quella digitale. "Un'operazione a costo zero - ha aggiunto - che potrebbe incidere positivamente sulla diffusione di internet, facendoci recuperare il gap con il resto d'Europa". (DIGITAL DIVIDE / Italiani senza rete ancora il 2% nel 2011, di Claudio Tucci, da IlSole24Ore, 20/4/2010)

Come si evince da questo articolo, si tratta della solita 'italian comedy': tanti soldi, poca pianificazione e lungimiranza, pochissimi risultati. Basti pensare che, mentre in Nord Europa viaggiano a velocità di banda da Formula Uno, l'Italia non è ancora riuscita a far arrivare Internet in tutte le zone (per non parlare del 'nuovissimo' Digitale Terrestre).

sabato 8 maggio 2010

Lezione 4 (7/5/2010)

Quarta tappa del nostro per-Corso di Informatica Applicata al Giornalismo. Visto l'arrivo via mail di tutti gli indirizzi dei nostri blog e il numero abbastanza ridotto delle presenze in aula, penso ci sarà un'impennata delle visite a questo post :P

Prima di cominciare ringrazio tutti coloro che si sono iscritti al mio blog e che lasciano commenti, reazioni e suggerimenti utili.

Inizio, dunque, ricordando che la lezione di ieri non è stata tenuta dal nostro 'mentore' Alfonso (assente auto-giustificato :P), sostituito egregiamente da Paolo 'sostanzialmente' Ferrandi, vice-caporedattore della Gazzetta di Parma e professore di Teoria e Tecniche del Linguaggio Giornalistico presso la nostra Università.

In queste quattro ore di 'babysitting', il prof. Ferrandi ha sostanzialmente ribadito molti dei concetti che altri professori ci stanno pian piano inculcando: cosa certamente non negativa, non solo poiché repetita iuvant, ma anche perché sinonimo di una 'armonia' nella visione che i nostri insegnanti hanno riguardo l'evoluzione dell'ambito in cui lavorano (e in cui noi speriamo di lavorare). Una lezione di 'recap', dunque, a cui il prof. ha aggiunto una lunga carrellata di siti di notizie (giornali, blog, news aggregators), illustrandone di volta in volta caratteristiche principali e scelte editoriali.

Riassumo schematicamente i punti chiave della lezione:

1) In presenza di eventi 'speciali' (ad esempio una turnata elettorale) i giornali 'di carta' non possono assolutamente competere con i siti di news 24h. Di contro, tuttavia, questi ultimi molte volte sono presi dall'ansia della notizia, rischiando quindi di far circolare informazioni 'gonfiate' (o peggio false) solo per non aver potuto attendere una verifica delle fonti

2) Lo sviluppo tecnologico è impetuoso, ma le innovazioni non partono mai dal centro bensì dalle estremità della Rete

3) Internet: E' considerato dagli utenti un distributore globale 'free', per cui essi non accettano volentieri limitazioni e pagamenti

4) Giornali online:
- News & Observer (1° al mondo)
- Omogeneizzazione dei contenuti (dovuta all'eccessivo affidamento alle fonti d'agenzia e alla scelta di puntare più o meno sempre sulle stesse tematiche)
- Omogeneizzazione del modo di presentare i contenuti (scelte di layout molto simili per molti siti)
- Non impongono pagamenti (eccetto i giornali 'finanziari') per non perdere 'pagine viste' e di conseguenza pubblicità. Ciò porta tuttavia la necessità di trovare nuove fonti di ricavo economico, più adatte al mezzo (visto che gli abbonamenti non funzionano e i banner disturbano e sono facilmente evitabili)

5) Giornali online italiani:
- Unione Sarda (1° in Italia)
- Poche risorse umane/economiche (ma carichi di lavoro e ritmi molto maggiori, che portano ai numerosi rischi di copia-incolla e informazioni errate)
- Modello di business incentrato sull'advertisement (si punta alle 'pagine viste', con ogni mezzo possibile, arrivando a far parlare di 'borsino morboso')

6) Giornali online locali:
- Le notizie sono importanti, ma fondamentale è riuscire a ricostruire intorno a sé la comunità locale (sito come 'social network locale')
- Possibilità di realizzare buoni prodotti anche con pochi mezzi

7) News aggregators: Siti che raccolgono e selezionano notizie da altri siti (e per questo sono molto criticati dai colleghi di questi ultimi)

Questo è il quadro complessivo degli argomenti trattati ieri. Concludo ringraziando particolarmente il prof. Ferrandi, che ha saputo tenere la lezione con la sua solità eleganza, accuratezza e completezza, regalandoci inoltre l'emozione di una prestazione record a cui pochi potran dire di aver assistito (211 'sostanzialmente' in 158 minuti non è roba da tutti i giorni...vero ragazzi? ;P). Con questo dovuto omaggio è proprio tutto gente. A settimana prossima!!!

Dati online-stampa - Di tutto un po'

Cari colleghi,
mi scuso per non essere riuscito a condurre la consueta indagine settimanale affidataci dal prof. Alfonso, ma il pre-appello di Dottrine Politiche Europee mi sta impegnando più del previsto.

Vi segnalo dunque il post di Federica, che rappresenta il miglior riassunto che ho trovato sull'argomento.

So che sarebbe contro il mio interesse farvi uscire dal mio blog, ma personalmente non apprezzo il regime concorrenziale: preferisco di gran lunga la collaborazione ("un peso portato da due persone pesa la metà" diceva un saggio). Oltretutto il post di Fede è costruito dall'unione di più post dei nostri blog, e potreste quindi trovarvi all'interno un pezzo vostro (direi con soddisfazione).

Un ciao a tutti!!!

domenica 2 maggio 2010

Lezione 3 (30/4/2010)

Abstract, Back Office, Clipping, Scrolling! E poi code di rospo, ali di pipistrello e fegato di drago! Questo l'incantesimo (o forse rito voodoo) con cui lo 'stregone della notizia' Alfonso venerdì ha ucciso il giornalismo! Intendiamoci, non nella realtà (in quella ci pensa già l'inarrestabile ondata di cambiamenti sempre più rapidi in campo tecnologico, ai quali il giornalismo sembra sempre meno in grado di star dietro), quanto nell'immaginario di una quarantina di studenti, ritrovatisi al pari di un popolano medievale che tenta di capire una messa in latino.

Metafore scherzose a parte, il prof. ha ragione: il mondo intorno a noi sta cambiando a ritmi sempre più veloci. La rete offre applicazioni e servizi portatori di possibilità prima impensabili, e il giornalismo (quello attuale) si trova a rincorrere questo inevitabile progresso. Rincorrere, però, significa essere indietro. Si arriverà a un punto (il dubbio riguarda solamente quanto tempo manchi) in cui le odierne generazioni di giornalisti, allevate con certe regole e griglie mentali, getteranno la spugna. Saranno allora le nuove generazioni auto-prodottesi dal web a proporsi quali nuove mediatrici dell'informazione.

E noi? A mio avviso ci troviamo nel mezzo, tra due fuochi. I nostri prof. da una parte ci insegnano le regole del giornalismo, delle quali ancora non si può fare a meno, e dall'altra ci annunciano che viviamo in un mondo in cui quello che sai oggi sarà vecchio tra sei mesi. E noi sentiamo che hanno ragione. Lo capiamo. E ci dà fastidio sentirci come quei popolani medievali. Sapere che esistono possibilità così grandi e di non saperle utilizzare è scocciante. Ma, degni eredi del buon Socrate, sappiamo anche che l'ignoranza è la madre della curiosità. E' di questo che abbiamo bisogno. Sono quelli che da trent'anni svolgono un'attività, pensando che quello che sapevano sarebbe bastato fino alla pensione, ad aver paura. Certo, i nostri figli a dieci anni sapranno fare molte più cose di noi a venti, ma permettetemi di non sentirmi già in pensione alla nostra età. Noi siamo dentro al cambiamento, ne facciamo parte. E allora viviamolo con la curiosità di scoprire quante cose si possono fare già oggi. Applichiamoci, applichiamoci, applichiamoci!

Puff. Ok, concluso il mio personale momento di follia passo a riassumere la lezione. Abbiamo parlato di giornali/giornalismo online, e specificamente del confronto fra Repubblica.it e Corriere.it.

La versione on-line di un quotidiano o periodico, pur cercando di aumentare il numero dei propri lettori/utenti, deve fare in modo di non penalizzare la propria versione cartacea (già vittima negli ultimi anni di considerevoli perdite, dovute alla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione e alla recente crisi economica). Significativo è il fatto che siano state soprattutto le testate nazionali (che forniscono il servizio online migliore) ad aver perso di più. I quotidiani locali, infatti, offrendo un'alternativa digitale piuttosto misera di contenuti, hanno risentito in misura molto minore di questa flessione.

Con l’avvento del web è enormemente aumentata la possibilità di interattività e feedback da parte degli utenti. Questo ha permesso un'evoluzione significativa degli studi relativi alla “profilatura dell’utente”, in quanto raccogliere i dati dell'audience on-line (siti visitati, link cliccati, pagine su cui ci si sofferma più tempo, immagini che piacciono o meno, ecc.) è diventato sempre più facile, grazie a sistemi per la rilevazione e diffusione dei dati relativi alla fruizione dei media on-line. Queste informazioni vengono poi abilmente sfruttate da associazioni di editori/agenzie di comunicazione/aziende pubblicitarie per la realizzazione di statistiche e analisi di mercato sempre più efficaci. Certo la privacy si è ridotta al minimo, ma questo sembra ormai passato in secondo piano: l'utente medio vi rinuncia volentieri in cambio di un buon servizio.

Nonostante questo sensibile miglioramento nella profilatura dei propri 'targets', i quotidiani online risentono ancora della carenza di mentalità e investimenti all'interno delle proprie redazioni. I giornalisti dediti alla versione web sono pochi e per lo più formati alle regole del cartaceo, e questo porta al giornalismo copia-incolla che abbiamo già descritto nella scorsa lezione. Si aggiunge inoltre il proliferare di banner pubblicitari (i cosiddetti advertising), sempre più invadenti o subdolamente inseriti negli spazi dedicati alle notizie.

Per rispondere alle nuove esigenze del popolo degli utenti, Repubblica.it ha attuato un restyling mirato al potenziamento dell'apparato multimediale correlato alle notizie (vedi l'approfondimento), puntando sulla capacità ormai acquisita dagli utenti di auto-costruirsi la propria informazione su misura, anche attraverso i nuovi strumenti di comunicazione (come l'iPhone, per il quale è stato pensato uno sviluppo della pagina più orizzontale).

Corriere.it è invece rimasto ancorato a una impostazione più tradizionale, strutturata verticalmente (anche se con uno scrolling più breve) e a un approccio più 'didattico', meno diretto e più banale, sviluppato attraverso 'percorsi' più lunghi. Le cose sono tuttavia destinate presto a cambiare (potere della concorrenza!), poiché è previsto un cambio della guardia alla direzione, attraverso il quale il Corriere proverà a rispondere all'innovazione proposta da Repubblica.

A proposito di innovazione: il servizio attualmente più innovativo proposto dal panorama italiano dei giornali online è il 'giornale digitale' offerto a pagamento da Repubblica. Peccato che questa tipologia di interazione sia ormai già superata da altre molto più efficaci, segno di come l'Italia rimanga costantemente indietro rispetto agli standard europei/americani. Per vedere di cosa stiamo parlando (e come si evolverà il giornalismo online nei prossimi anni) basta dare un'occhiata a TED.