martedì 15 giugno 2010

Steve Jobs spara a zero contro i blogger!

"Non voglio che gli Stati Uniti si trasformino in una nazione di blogger!"

Non ha usato mezzi termini Steve Jobs, CEO di Apple, intervistato alla D8 Conference di All Things Digital, per dire la sua sul presente e il futuro dell'informazione, ponendosi a difesa dell'industria editoriale che investe e produce contenuti di qualità e scagliandosi contro i blogger, in una sorta di j'accuse che ricorda, in parte, le opinioni espresse dal presidente USA Barack Obama un anno fa.

"La democrazia", ha detto il numero uno dell'azienda di Cupertino, "dipende da una stampa libera e forte, capace di fornire contenuti rigorosi, credibili, equilibrati. Washington Post, New York Times, Wall Street Journal sono punti di riferimento centrali e le professionalità dei giornalisti indispensabili".

L'industria editoriale è in difficoltà da tempo, ma secondo Jobs una soluzione c'è: far pagare i contenuti, quelli di qualità e quelli a valore aggiunto. Come? Trovando il giusto prezzo, ponendosi al servizio dell'utente e intercettando le sue esigenze. E iPad può rappresentare uno degli strumenti attraverso i quali rilanciare l'editoria e premiare il lavoro dei professionisti dell'informazione. Il tablet di Apple si pone, infatti, anche come piattaforma per la distribuzione di news e libri digitali, e grazie al successo di vendite che sta riscuotendo (un iPad venduto ogni 3 secondi) può costituire un trampolino per risollevare le sorti dei produttori di contenuti.

La centralità dell’informazione equilibrata (non urlata) della stampa tradizionale può essere dunque mantenuta, a patto che le news siano a pagamento. Perché come recita Rupert Murdoch (a cui fa eco Carlo De Benedetti in Italia): "l’era delle news gratis è finita". Il giornalismo dei professionisti costa, ma è una delle colonne di ogni democrazia. Gli fa eco la Global Survey Nielsen, indagine condotta nell’autunno 2009 nelle cinque regioni geografiche del mercato globale: Europa, Asia/Pacifico, Medio Oriente/Africa/Pakistan (MEAP), America Latina e Nord America, secondo la quale un terzo dei lettori sarebbe disposto a pagare.

Ma è davvero così? Il Foglio.it ha chiesto a sette blogger di rispondere al fondatore della Apple in poche righe. Posto qui solo la risposta del 'a noi arci-noto' Paolo Ferrandi (chi volesse leggere anche gli altri pareri raccolti e gli approfondimenti sulla vicenda sviluppati dalla redazione web del quotidiano di Giuliano Ferrara può cliccare qui):

"Non sono sicuro che l'iPad sia la soluzione al problema che assilla i giornali da parecchi anni, cioè trovare un modo perché lo sforzo che si fa per fornire le notizie ai lettori sia pagato il giusto. Sulla rete il modello che funziona è quello della gratuità perché la rilevanza degli articoli viene decisa dai link e dal peso assegnato a questi dagli algoritmi dei motori di ricerca. Finora gli unici tentativi che sono stati fatti per far pagare le news si sono dimostrati fallimentari, almeno per quel che riguarda l'informazione non settoriale (l'informazione economica è da sempre a pagamento e questo spiega le eccezioni di WSJ e FT). Qual è la specificità dell'iPad che potrebbe far accettare la non gratuità dei contenuti? In sintesi il fatto che il sistema operativo dell'iPad permette pagamenti incrementali e il fatto che la app di una testata è un sistema chiuso e quindi una volta scelta non è facilmente sostituibile con un prodotto fungibile, ma gratuito. E' possibile che funzioni? Dipende dalle leve del marketing e quelle di Apple sono particolarmente sofisticate. Ma c'è un limite anche al masochismo dei consumatori".

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